Il Problema
Su instagram seguo diversi brand di cosmetica ecobio, anche di aziende che non tengo in negozio, ma che mi piacciono, che trovo interessanti ecc. Tra questi c’è un account che seguo ormai da tanti anni, è uno di quei profili molto dinamici, dove non si parla solo di "cremine" ma la proprietaria del brand si racconta e condivide anche la sua vita privata, esperienze, scelte di acquisti ecc. Senza scendere in altri dettagli per la “caccia all’account” di cui sto parlando (che non è una cosa importante), passo al tema di cui voglio parlarvi oggi. Un tema che non è (ancora) per molti percepito come un problema: sto parlando della Fast Fashion. La mancanza di percezione la si comprende anche grazie a ragazze come lei, che nonostante la sua giovane età, l'istruzione e la sua grande preparazione sul mondo del bio nella quasi totalità dei suoi acquisti (che mostra sui social), sceglie brand come H&M, Zara ecc.
Molti di voi a questo punto si staranno chiedendo E ALLORA? Che cosa c’è DI MALE?? Avete ragione, niente. Lei, come molti altri, fa la sua vita e si racconta. Giusto.
Quello che però può farci capire questa storia è altro: riguarda il fatto che una titolare di un brand ECOBIO, che quindi promuove la sostenibilità nel settore cosmetico, anche con prodotti senza plastica ecc... Per sua scelta personale veste con capi di abbigliamento che sono confezionati attraverso lo sfruttamento delle risorse ambientali e umane. Un paradosso.. eppure questo paradosso non è percepito, dalla maggior parte del suo pubblico ma in primis proprio da lei!
A tal proposito leggevo poco tempo fa che la generazione Z non sa nemmeno cosa sia un mondo senza Fast Fashion.. quindi.. quindi.. ehhh il tema è davvero complesso…
Partiamo da due dati: ogni anno vengono prodotti 150 miliardi di nuovi capi a livello globale e si stima che i rifiuti tessili siano destinati ad aumentare del 60% tra il 2015 e il 2030 (credits: #fashionrevolution).
In questo scenario la Fast Fashion – e tutti i capi a basso costo - sono i maggiori responsabili della produzione di un numero incredibile di capi spesso “usa e getta” per una stagione o poco più, dove la qualità non è contemplata e la logica del profitto è l’unica logica che prevale… (e qui Locals, si apre un mondo e mi vengono in mente mille cose da dire ma ci vorrebbe una tesi per essere quantomeno esaustivi…)
Inoltre, questo è un discorso che mi mette un po’ di ansia fare perché io per prima, per anni, ho acquistato capi della Fast Fashion senza pormi domande, per cui con le mie riflessioni non vorrei offendere nessuno. Ci sono dentro pure io e non voglio emettere giudizi di sorta, ma solo riflettere con voi “a voce alta”.
Concludo per oggi con questo invito: riflettiamo su quello che compriamo, anche se ci sta benissimo e ci piace da morire…
Su quello che invece possiamo fare per evitare la Fast Fashion o usarla meglio, vi lascio in sospeso… e ne parliamo nel prossimo articolo. Ho diviso le mie riflessioni in "tre puntate".
Nel frattempo, se volete approfondire il problema della Fast Fashion, vi invito a seguire fash_rev su instagram o a cercare contenuti in rete. Se trovate qualcosa di interessante, segnalatemelo. A presto.